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Rino Matta: GENTILEZZA TELLURICA

INTERVISTE PSICOESTETICHE N.2 Rino Matta GENTILEZZA TELLURICA   Rino è un hair stylist, vive a Modena con la sua bella famiglia, circondato dal verde in una casa che ha voluto ristrutturare completamente, capendo e sentendo su di sé l’estetica di Glifo. Siamo clienti l’uno dell’altro da molti anni e posso

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Edi Solari: intervista psicoestetica

Edi Solari: PRIMITIVA E TENERA ELEGANZA

INTERVISTE PSICOESTETICHE N.1 Edi Solari PRIMITIVA E TENERA ELEGANZA   Edi è una fotografa di interni e architettura, vive a Roma ma le sue radici restano ben salde sulle coste dell’Argentario. Ha il sorriso calmo di chi è abituato a guardarsi dentro e farsi molte domande su di sé e

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Protendere: l’architettura in bilico

Cosa significa protendere? In architettura, significa avanzare oltre il necessario, spingere la materia verso un limite che sembra impossibile, affidandosi a vincoli nascosti che garantiscono l’equilibrio. È un gesto strutturale ma anche una dichiarazione: mostrare che il peso può essere domato e la gravità essere sospesa. Un volume aggettante da

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Pensiero stupendo: l’architettura del margine

Dove finiamo noi e dove comincia l’ignoto che ci attrae? Ci sono architetture che non cercano di organizzare l’abitabile, ma di esplorare la soglia dell’esperibile. Questo tipo di spazi non è fatto per confermare la nostra identità, ma per metterla in discussione sul margine dei suoi bordi. Il progetto immerso

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Il silenzio costruttivo: amore per l’horror vacui

E se uno spazio assorbisse i pensieri anziché generarli?
In un tempo saturo di parole e immagini, esiste un’architettura che non aggiunge, ma sottrae, progettata non per raccontare, ma per ascoltare ciò che tace. Uno spazio che toglie voce alle cose per lasciar parlare i pensieri. Questa è la teoria del silenzio costruttivo.

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Argini emotivi: l’architettura del rifugio

Come può uno spazio contenere ciò che interiormente ci travolge? Ci sono momenti in cui abbiamo bisogno di stare in spazi capaci di arginare le tempeste emotive, di ridarci forma quando ci sentiamo frammentati. L’architettura può essere un rifugio per attraversare il caos e il dolore, come uno scoglio che resiste ma allo stesso tempo si offre alle onde.

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Il vuoto: l’architettura dell’assenza

Il vuoto a volte ha il suono di chi non c’è più.

Il dolore dell’abbandono scolpisce spazi invisibili
dentro di noi. Anche il silenzio diventa assordante,
un’eco continua che riporta sempre allo stesso
punto: l’assenza. In architettura, come nella vita,
il vuoto non è mancanza. È memoria viva, spazio
che ancora ci parla.

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Inadeguatezza: l’architettura della crepa

Quanto pesa il desiderio di essere perfetti?

Ogni fessura in noi racconta la tensione invisibile
dell’inadeguatezza, ma è proprio attraverso le nostre
crepe che si manifesta la luce più autentica.
La bellezza non è assenza di difetti: è la capacità di
integrarli come fonti di luce.

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Rino Matta: GENTILEZZA TELLURICA

INTERVISTE PSICOESTETICHE N.2 Rino Matta GENTILEZZA TELLURICA   Rino è un hair stylist, vive a Modena con la sua bella famiglia, circondato dal verde in una casa che ha voluto ristrutturare completamente, capendo e sentendo su di sé l’estetica di Glifo. Siamo clienti l’uno dell’altro da molti anni e posso

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Edi Solari: PRIMITIVA E TENERA ELEGANZA

INTERVISTE PSICOESTETICHE N.1 Edi Solari PRIMITIVA E TENERA ELEGANZA   Edi è una fotografa di interni e architettura, vive a Roma ma le sue radici restano ben salde sulle coste dell’Argentario. Ha il sorriso calmo di chi è abituato a guardarsi dentro e farsi molte domande su di sé e

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Protendere: l’architettura in bilico

Cosa significa protendere? In architettura, significa avanzare oltre il necessario, spingere la materia verso un limite che sembra impossibile, affidandosi a vincoli nascosti che garantiscono l’equilibrio. È un gesto strutturale ma anche una dichiarazione: mostrare che il peso può essere domato e la gravità essere sospesa. Un volume aggettante da

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Dove finiamo noi e dove comincia l’ignoto che ci attrae? Ci sono architetture che non cercano di organizzare l’abitabile, ma di esplorare la soglia dell’esperibile. Questo tipo di spazi non è fatto per confermare la nostra identità, ma per metterla in discussione sul margine dei suoi bordi. Il progetto immerso

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E se uno spazio assorbisse i pensieri anziché generarli?
In un tempo saturo di parole e immagini, esiste un’architettura che non aggiunge, ma sottrae, progettata non per raccontare, ma per ascoltare ciò che tace. Uno spazio che toglie voce alle cose per lasciar parlare i pensieri. Questa è la teoria del silenzio costruttivo.

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Come può uno spazio contenere ciò che interiormente ci travolge? Ci sono momenti in cui abbiamo bisogno di stare in spazi capaci di arginare le tempeste emotive, di ridarci forma quando ci sentiamo frammentati. L’architettura può essere un rifugio per attraversare il caos e il dolore, come uno scoglio che resiste ma allo stesso tempo si offre alle onde.

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Il vuoto a volte ha il suono di chi non c’è più.

Il dolore dell’abbandono scolpisce spazi invisibili
dentro di noi. Anche il silenzio diventa assordante,
un’eco continua che riporta sempre allo stesso
punto: l’assenza. In architettura, come nella vita,
il vuoto non è mancanza. È memoria viva, spazio
che ancora ci parla.

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Inadeguatezza: l’architettura della crepa

Quanto pesa il desiderio di essere perfetti?

Ogni fessura in noi racconta la tensione invisibile
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La bellezza non è assenza di difetti: è la capacità di
integrarli come fonti di luce.

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